Da dove nasce la paura di sbagliare? Come superare questo timore che causa un blocco?

Pollock, Jackson (1912-1956): Number 34, 1949, 1949.. Utica (NY), Munson-Williams-Proctor Arts Institute

La paura di sbagliare può avere origini diverse, può essere legata alla storia evolutiva della persona, alle relazioni, con le figure primarie (i genitori) e con le figure secondarie (insegnanti, istruttori, ecc.), agli stimoli sociali, sempre più proiettati all’efficienza della prestazione.
Se un bambino non riceve dal genitore comprensione quando sbaglia, ma rimprovero, svalutazione e, sente che da lui si esige il massimo, si instilla nella sua struttura di personalità in formazione il germe dell’unica strada da perseguire, il successo. L’errore, lo sbaglio viene sentito come non concepibile nelle esperienze vissute: come il cattivo voto, l’insuccesso in una gara sportiva, e ciò genera angoscia. Le possibilità di potersi cimentare con l’errore e la frustrazione, sono necessarie, affinché si possano costruire delle coordinate cognitive e emotive per trovare soluzioni e stare nella fatica. Se un giovane individuo cresce nell’ottica di uno spettro di possibilità, di un proprio tempo per raggiungere un obbiettivo, accettando l’incertezza, le emozioni (l’ansia, la paura) delle situazioni nuove senza pressioni esterne svilupperà il suo Io. Ed anche nell’ambito sociale relazionale, lavorativo potrà sostenere le difficoltà attingendo alle sue risorse soggettive, arginando le pressioni e ordinandole per affrontarle.
Per superare il blocco della paura di sbagliare, è importante rivolgere un pensiero alle esperienze quotidiane, che possono riproporre dinamiche antiche, traumi accumulati che impediscono di vivere con serenità una scelta di vita, una decisione, un cambiamento.
L’espressione delle emozioni negative spesso congelate, accantonate come la paura, l’ansia produce beneficio. Nei casi in cui questo non si riesce a farlo da soli, è utile chiedere un aiuto psicoterapeutico per conoscere, rievocare, rielaborare quelle che si chiamano “fissazioni” ed attivano schemi a circuito chiuso, riproponendo il timore, l’insicurezza.
La relazione terapeutica è uno spazio e un tempo libero, in cui il terapeuta tocca parti psichiche profonde della persona che in genere si evitano perché dolorose. Il blocco è spesso una condizione carica di inadeguatezza inespressa e giudizio.

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