Sono andata a trovare Freud

Visitare la casa di Freud a Vienna è stato come andare a trovare il proprio padre professionale.

Il quartiere elegante, silenzioso con piccoli negozietti. Cammino e cerco di cogliere ogni cosa, e inizio ad immaginare. Mi catapulto nel 900 e vedo donne castigate nel corpo e nella mente e uomini liberi e coinvolti in un tempo di grande fermento culturale e sociale.

Il portone, l’insegna mi intimidiscono e ancor più varcare la soglia, salire quelle scale che mi fanno pensare ai primi pazienti di Freud come: Dora, l’uomo dei topi, Marie Bonaparte.

Al primo piano ci sono due porte una difronte all’altra, una la casa e l’altra lo studio. Per prima entro

nella sua abitazione curiosa come ogni paziente di soddisfare fantasie, curiosità sul terapeuta.

Le stanze sono vuote, qualche vetrina con pochi oggetti, e l’immaginazione parte dalla lettura dei cartelli e qualche foto di famiglia. Entro nel soggiorno, camera da letto, camera di Anna, camera di Minnie. Immagino tutti mentre mangiano, parlano, e come sono vestiti.

Le vetrate grandi in ogni stanza regalano sfondi di alberi in un piccolo cortile silenzioso.

Lo studio è collegato alla casa, mi avvicino a una teca in cui sono custoditi gli occhiali, la targhetta “Prof. Freud” e una borsa di pelle usurata. Sul manico è impressa la presa delle sue mani.

Quante bozze, documenti sulle sue idee, scritti hanno trasportato!

Nel silenzio composto e condiviso con pochi altri dall’ingresso scorgo un sofà di velluto rosso e un arazzo appeso alla parete. Sono quelli che ho visto nelle foto dei libri letti, studiati per anni, mi sorprendo sono identici. Ho la sensazione che il padre Freud si sia appena alzato e si sta concedendo di fumarsi un sigaro o di andare a giocare con il suo amato cane Jofi. Quanto tempo trascorso in questa stanza a pensare, scrivere le tue lettere all’amico Fliss. Cerco di recuperare dalle letture sulle sue opere: Introduzione alla psicanalisi, Disagio e civiltà, ecc.

Quanto deve essere stato difficile affermare le tue idee, l’esistenza dell’inconscio? Quanta invidia e falsi sé hai dovuto incontrare.

A conclusione del mio giro entro in una stanza buia e su una parete sono proiettate immagini di te e della tua famiglia. Sono in bianco e nero, ti vedo composto e coccolato da donne: Martha, Anna, Sofia, Minnie in giardini delle case in cui sei stato ospite a Parigi fuggendo dai nazisti e della casa di Londra. E’ Anna che racconta di voi, del tuo lavoro e per un attimo mi sento in famiglia.

Ripercorro con familiarità la tua casa e vedo una parete su cui c’è l’albero genealogico di tutta la tua famiglia con date di nascita e morte dei tuoi genitori e figli, sulla parete ci sono quelli di sangue, ma in realtà nel mondo ci sono tanti tuoi figli ed io mi sento una.

Vienna 10 settembre 2022

 

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